Il caso Parma non accenna a chiudersi. Dopo la minaccia dei calciatori di non scendere in campo contro il Genoa nel prossimo turno di campionato (che inizierà con 15 minuti di ritardo per lo sciopero indetto dall’Aic) e dopo il deferimento del Procuratore Federale, torna a parlare l’ex presidente Tommaso Ghirardi. A La Gazzetta dello Sport annuncia di aver chiesto i danni all’albanese Rezart Taci, a cui aveva venduto il Parma alla fine del 2014 (stipulando un contratto preliminare che prevedeva “dieci milioni a me per avere il Parma, l’impegno a versare 19 milioni il 13 novembre per saldare gli stipendi dal l° luglio, l’accollamento dei 78 milioni di debiti”):
Taci non mi ha dato i 10 milioni di euro previsti dal preliminare, ma si è accollato i debiti, ha incontrato sindaco e presidente degli industriali, ha fatto promesse. Le prime mosse di mercato mi hanno confortato, ha preso Rodriguez, Varela e Nocerino, e poi il capitano dell’Albania. Pensavo di aver ceduto il Parma alla persona giusta e mi sbagliavo. Chiedo scusa ai tifosi perché tempo fa ho detto di aver lasciato la società in buone mani. Oggi non lo direi più e non venderei il club a Taci. Mi sento tradito. Così ho citato Taci in sede civile, gli chiedo i danni per inadempienza del mandato contrattuale.
A proposito del debito accumulato dalla società (“ammontava a 78 milioni, saliti poi a 88 verso fine anno. Quel buco da 200 milioni è una balla”), Ghirardi parla di “normalità”:
Al Parma basterebbe vendere i giovani Mauri e Cerri, e pure Defrel, che ho parcheggiato al Cesena, per abbatterlo della metà. Società molto più importanti sono messe peggio.
Dopo aver assicurato di aver “pagato gli stipendi dei giocatori e quelli dei 22 dipendenti fino a novembre, per cui non capisco perché oggi qualcuno degli impiegati dica che non vede i soldi da un anno”, Ghirardi si lancia nella critica della nuova gestione:
Non mi spiego perché Paletta sia andato al Milan per un solo milione di euro, io lo avrei dato via a 3-4, o perché a Cassano e Felipe sia stato concesso lo svincolo, senza la rinuncia agli stipendi.
L’ex patron garantisce di non voler più tornare nel mondo del calcio e racconta di vivere sotto scorta perché riceve “minacce e insulti”:
Ho moglie e figlio piccolo da tutelare: i carabinieri passano di continuo, ma per sentirmi sicuro al cento per cento sono costretto a pagare una vigilanza privata.
Riproduzione riservata © 2024 - CALCIOBLOG